In Siria la partita si sta avvicinando rapidamente al confronto diretto fra Asse della Resistenza e Usa con i suoi alleati: con il progressivo collasso dell’Isis e la gran parte di "ribelli” e terroristi congelati nelle "de-escalation zones”, le forze di Damasco stanno concentrando gli sforzi verso il Sud-Est, per riprendere il controllo del territorio e della frontiera con la Giordania e l’Iraq.
Le numerose unità rese disponibili dalla tregua, già ai primi di maggio hanno dato il via ad una massiccia operazione che è in pieno svolgimento su quattro direttrici:
Asse della Resistenza ed alleati hanno due obiettivi essenziali:
A parte le motivazioni economiche (la riattivazione delle estrazioni di petrolio e gas) e propagandistiche (la liberazione di Deir Ezzor avrebbe un effetto enorme), è il controllo delle frontiere ad essere essenziale per gli sviluppi finali del conflitto. In questa fase sarà l’Iraq ad avere un ruolo decisivo: stando alle dichiarazioni del Ministro degli Interni iracheno Qasim Al Araji, rese il 23 maggio alla Tv di Stato, Baghdad non permetterà la creazione di una zona cuscinetto che separi Siria ed Iraq. In pratica, la Resistenza irachena, eliminato l’Isis che è ormai agli sgoccioli, intende saldarsi con quella siriana per continuare la lotta.
È un dato geopolitica di prima grandezza, e non a caso ad operare il ricongiungimento saranno proprio le Hashd al-Shaabi, le Unità di Mobilitazione Popolare che sono state l’anima della riscossa irachena contro i terroristi. Un simile sviluppo, che è ormai nei fatti, spezza l’ipocrita alleanza offerta dagli Usa e fa piazza pulita dei progetti di Washington sulla regione. Né deve stupire in alcun modo se si pensa che Al Araji è egli stesso un membro della Badr, una milizia sciita che aderisce alle Hashd al-Shaabi.
Le parole del Ministro, ovviamente trascurate dai media occidentali, segnano il fallimento del progetto di spezzare la "Mezzaluna Sciita”, ovvero la continuità per un Asse della Resistenza dall’Iran al Libano; se si pensa che l’Isis è nato per questo e sempre a questo ha teso la presenza Usa nell’area, si ha la dimensione di una sconfitta storica per Washington, Riyadh e Tel Aviv.
Dietro al comodo paravento del Daesh, queste potenze, con i loro alleati, hanno fatto di tutto per alimentare la guerra e smembrare Siria ed Iraq. Adesso che il pretesto dell’Isis sta venendo meno, si avvicina rapidamente il momento del confronto diretto fra la coalizione Usa-Golfo-Israele e Asse della Resistenza, di cui i bombardamenti effettuati nei giorni scorsi dagli aerei della coalizione Usa sono solo avvisaglie.
I siriani ed i loro alleati stanno puntando in massa verso i propri confini meridionali ed orientali, prima che "ribelli” e mercenari del Free Syrian Army, appoggiati da truppe Usa e giordane (sono già pronte ad entrare in massa in Siria) si consolidino nelle aree abbandonate dal Daesh. Peraltro, Usa e alleati si stanno anche preparando ad entrare in territorio siriano da Abu Kamal, una città sull’Eufrate fra Siria e Iraq.
In questo scenario convulso e confuso il ruolo delle Hashd al-Shaabi sarà determinante, perché è del tutto improbabile che Baghdad le sconfessi e lo è altrettanto che la Resistenza siriana a questo punto si fermi.
Un ruolo fondamentale potrà svolgerlo Mosca, convincendo Washington (e di più i suoi generali sul campo, ormai sempre più autonomi) a gettare la spugna; resta il fatto che, caduta ormai la finzione dell’Isis, per gli Usa e i suoi alleati è giunto il momento di mettere da parte ogni finzione e venire al confronto diretto con un Asse della Resistenza vittorioso o ritirarsi.
ilfarosulmondo